Dai trofei europei alla vendita di aspirapolveri | Ha lasciato il calcio prima dei 30 anni: ha giocato pure in Serie A

Dai trofei europei alla vendita di aspirapolveri | Ha lasciato il calcio prima dei 30 anni: ha giocato pure in Serie A

Il logo della serie A - Foto Lapresse - pmgsport.it

Dai trionfi europei con una squadra italiana alla vendita di aspirapolveri: sembra la trama di un film, e invece è una delle storie più sorprendenti passate per la Serie A.

Negli anni Novanta era il simbolo di un calcio romantico, quello in cui una piccola realtà di provincia poteva alzare coppe internazionali e sfidare i giganti d’Europa. In pochi anni conquistò trofei, premi individuali, la ribalta del Mondiale e arrivò a sfiorare il Pallone d’Oro, prima di sparire quasi all’improvviso dai radar del grande calcio.

Dietro quella scelta, maturata prima di compiere trent’anni, non c’erano solo problemi fisici, ma soprattutto la voglia di cambiare vita e seguire una curiosità fuori dal comune.

La sua carriera è legata al Parma che negli anni Novanta trasformò i sogni in realtà: una Coppa Italia e poi una straordinaria serie di trofei europei, tra Coppa delle Coppe, Supercoppa UEFA e Coppa UEFA, che ne fissarono il nome nell’album dei ricordi dei tifosi italiani.

Con la maglia della nazionale, al Mondiale americano, trascinò il suo Paese fino al terzo posto, conquistando voti su voti nella corsa al premio per il miglior giocatore del mondo. Eppure, quando sembrava all’apice, scelse di ascoltare una voce interiore che lo spingeva lontano dagli allenamenti quotidiani e dalle pressioni del pallone.

Dal sogno Mondiale al grande bivio di una carriera

Nato in Svezia a fine anni Sessanta, attaccante brevilineo e tecnico, capace di giocare tra le linee e di illuminare l’azione, divenne presto l’uomo simbolo di quella squadra emiliana che portò in giro per l’Europa i colori gialloblù. In cinque stagioni mise la firma su una delle epopee più sorprendenti della storia recente del nostro calcio: prima il trionfo in Coppa Italia, poi una sfilata di coppe internazionali che lo proiettarono tra i migliori interpreti del ruolo. Nel 1994 chiuse addirittura quarto nella classifica del Pallone d’Oro, subito dietro mostri sacri come Stoichkov, Baggio e Maldini, mentre con la sua nazionale festeggiava un insperato terzo posto al Mondiale negli Stati Uniti.

Quel protagonista assoluto degli anni Novanta ha un nome che i tifosi italiani conoscono bene: Tomas Brolin. Il talento svedese lasciò Parma nel 1995 per inseguire il richiamo della Premier League, trasferendosi al Leeds United nel pieno della maturità tecnica. Fu però l’inizio di una parabola discendente: incomprensioni tattiche, condizione fisica in calo, problemi alla caviglia e un successivo passaggio al Crystal Palace lo allontanarono progressivamente dai livelli che aveva toccato in Italia. Nel giro di pochi anni, quel giocatore che era stato celebrato come quasi Pallone d’Oro si ritrovò a decidere di dire basta. A soli 28 anni, stanco di allenamenti e di una routine che non lo divertiva più, scelse di chiudere con il calcio giocato.

Tomas Brolin – Fonte X – pmgsport.it

Lo strano inventore, l’aspirapolvere e la seconda vita di Brolin

La svolta arrivò proprio nel momento in cui stava maturando l’idea del ritiro. Mentre valutava cosa fare “da grande” lontano dai campi, Brolin racconta di essere stato avvicinato da un personaggio fuori dagli schemi, un inventore svedese con in testa un progetto tanto semplice quanto rivoluzionario: una nuova bocchetta per aspirapolveri, capace di adattarsi a superfici diverse senza dover cambiare accessorio ogni volta. Quella proposta, nata quasi per caso, accese la curiosità dell’ex attaccante molto più di una nuova avventura con un’altra maglia. Decise di investire nell’idea, entrando in società con l’inventore Goran Edlund e dando vita a quella che sarebbe diventata l’azienda The Twinner, specializzata in sistemi di pulizia domestica di nuova generazione.

Da lì cominciò la seconda vita di Tomas Brolin, quella dell’imprenditore degli aspirapolveri. In interviste successive ha raccontato come l’azienda sia cresciuta fino a vendere ogni anno decine di migliaia di pezzi, conquistando una fetta importante del mercato scandinavo e aprendosi anche all’estero. Il rumore del motore di quei dispositivi ha sostituito l’urlo del pubblico negli stadi, ma gli ha dato qualcosa che cercava da tempo: la sensazione di fare qualcosa che lo appassionasse davvero. La decisione di lasciare il calcio, dunque, non fu solo una fuga dalle difficoltà sportive, ma il risultato di una precisa scelta di vita, spinta dalla voglia di non adagiarsi su un ruolo già scritto.

Parallelamente, Brolin non è mai stato un uomo da una sola attività. Nel corso degli anni si è buttato nella ristorazione, aprendo a Stoccolma il locale “Undici”, dedicato al numero che portava sulle spalle a Parma, ha sperimentato una linea di calzature, si è lanciato nel settore immobiliare insieme al padre e si è divertito persino con la musica, formando una band con amici famosi come Dr. Alban e Björn Borg. Per un periodo ha giocato anche a poker a livello professionistico, partecipando ai tornei di Texas Hold’em tra Europa e Las Vegas. Eppure, nonostante le tante strade imboccate, il filo rosso della sua nuova vita resta quell’idea nata dall’incontro con uno “strano” inventore e trasformata in un’azienda di successo: oggi Tomas Brolin continua a vivere soprattutto di aspirapolveri, lontano dai riflettori del calcio ma fedele alla sua filosofia, secondo cui la vita è troppo breve per fare cose che non lo divertono più.