A tu per tu con Zarko Lazetic, allenatore del Partizan Belgrado U17

A tu per tu con Zarko Lazetic, allenatore del Partizan Belgrado U17

Ambizioso, paziente e meticoloso. Una vita passata sui campi di calcio serbi, prima come giocatore, poi come allenatore. La tv sempre accesa di domenica per guardare il fratello Nikola, ex di Lazio e Genoa. Per Zarko Lazetic, allenatore del Partizan Belgrado under 17 finalista del Trofeo Beppe Viola, il calcio è vita. In sei mesi ha imparato a parlare italiano con il sogno, un giorno, di poter allenare in serie A. Disciplina e ordine fanno parte della sua mentalità e le applica ogni giorno con i ragazzi. In campo e fuori. A 48 ore dallafinalepersa contro l’Atalanta, il tecnico bianconero, racconta così il suo Trofeo Beppe Viola.Cosa le rimane del torneo di Arco? Un’esperienza davvero positiva. Dall’organizzazione alla parte sportiva. Dopo la partita con l’Atalanta c’era un po’ di delusione perché abbiamo sbagliato un rigore e qualche occasione per pareggiare. Non avevamo a disposizione cinque giocatori di cui tre giocano nelle nazionali giovanili della Serbia e l’assenza del nostro capitano Markovic, che ha giocato un gran torneo, è stata decisiva per la finale. Con lui in campo non penso che l’Atalanta sarebbe riuscita a segnare quel gol. Per noi però non sono fondamentali le vittorie. Le giovanili del Partizan Belgrado puntano a far crescere i giocatori, se poi non si conquista il trofeo va bene lo stesso. E’ vero che durante i pranzi in albergo eravate sempre in silenzio? Si mi piace che i ragazzi ascoltino. È la filosofia del Partizan Belgrado. Prima dei risultati, prima del gioco ci deve essere il rispetto e ci si deve comportare bene.  A 18 anni è più importante crescere come persone che come calciatori anche perché gli servirà per quando diventeranno professionisti. Il nostro obiettivo è farli arrivare tutti in prima squadra. C’è un predestinato tra  i suoi ragazzi? Pavlovic, Kokir, Markovic e Novic sono bravi ma tutti i giocatori sono importanti e giocano ad alto livello. Sta a noi farli esprimere al massimo l’importante è che non manchi mai l’impegno in allenamento. I giovani a volte pensano troppo a se stessi e poco alla squadra e questo è un limite. Il calcio non è solo dribbling tiro e gol ma tanto altro. Questa è la prima lezione che cerchiamo di insegnargli Come le sono sembrate le squadre italiane? C’è qualcuno che l’ha impressionata? Se devo fare un nome forseKulusevski, ma sono tanti i ragazzi bravi. Giocando contemporaneamente non ho visto tutte le squadre ma il livello era alto. La Roma mi è piaciuta molto così come la Lazio e il Bologna. L’Atalanta però è la migliore, sono organizzati in campo e molto fisici. I giocatori sembrano un anno o due più maturi per come si muovono. In Serbia abbiamo solo un paio di partite così competitive durante il campionato, per questo è importante partecipare a tornei come il Beppe Viola. Anche l’anno prossimo ci saremo.